Per Gender Equality si intende la parità di trattamento di uomini e donne in tutte le sfere sociali. Questo diritto fondamentale è sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, ed è uno degli obiettivi in cima alla lista dell’Unione Europea.
Lavoro, tempo, salute, potere, soldi, conoscenza e violenza sono le macro-aree di studio poste sotto la lente di ingrandimento per capire se e come le donne hanno pari opportunità rispetto agli uomini. In tutto il mondo però sono il lavoro e la politica gli ambiti in cui le disuguaglianze di genere sono particolarmente marcate.
Gender Equality: l’Italia al passo con gli altri Paesi?
Il raggiungimento della parità di genere in tutti gli ambiti di una società moderna non è un percorso lineare. Inaspettatamente, oggi in alcuni settore il gender gap è più profondo di prima. E rispetto ai primi anni Duemila i dati rivelano passi indietro del nostro Paese.
Nel 2017 sono stati pubblicati alcuni fondamentali report che hanno gettato una luce sullo stato delle parti opportunità in tutto il mondo e anche in Italia. Secondo l’ultimo Global Gender Gap Index, l’Italia si trova al 118° posto di una classifica con 144 paesi per quanto riguarda la partecipazione e le opportunità economiche e al 46° per rappresentanza politica. Peggio di due anni fa e, soprattutto alla voce “lavoro”, peggio anche rispetto dati del rapporto 2006.
Da quattro anni l’Italia è bocciata anche dal Meritometro, l’indicatore europeo che misura il livello di meritocrazia di un Paese. Sommando i punteggi delle 7 voci presenti nella pagella della meritocrazia (libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza e mobilità sociale) il nostro Paese non riesce a raggiungere la sufficienza e si colloca a 43 punti di distanza dalla Finlandia, la prima classificata. Non è proprio tutto negativo, però: la voce Pari Opportunità ha registrato un piccolissimo passo avanti con un +1% di donne in posizioni manageriali.
Nella sfera politica, si è registrato un miglioramento negli ultimi anni e la presenza femminile è circa il 30%. La riduzione nel numero di donne ministro, però, ha determinato una netta discesa rispetto allo scorso anno nel ranking sulla parità di genere in politica del World Economic Forum.
Occupazione femminile: percentuali che non soddisfano
Niente di buono nemmeno dal rapporto annuale dell’Istat sull’occupazione femminile. L’Italia registra il valore più basso nell’Unione Europea dopo la Grecia: 48,9% contro 62,4%.
All’interno del nostro Paese, però, la realtà occupazionale femminile non è omogenea. Il tasso di occupazione è del 59,4% al Nord e 32,3% al Sud. Il primato (negativo) è della Sicilia, in cui lavorano appena il 29,2% delle donne tra i 15 e i 64 anni occupato. Poi c’è la Campania, con il 29,4%; la Calabria, 30,2% e la Puglia, 32%.
Conseguenza inevitabile della disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro è il Gender Pay Gap, il differenziale salariale per sesso. Le donne sono pagate meno degli uomini e ricevono anche una pensione più bassa. Un dato paradossale se pensiamo che, sempre dati alla mano, in Italia le lavoratrici sono più istruite e più preparate rispetto agli uomini.
Secondo l’Eurostat, però, i dati del nostro paese non sarebbero così neri: con il 6,1% di forbice salariale tra uomini e donne, l’Italia si collocherebbe al terzo posto assoluto in Europa. Ma secondo molti osservatori, il dato è distorto e quindi non attendibile perché in Italia le donne con bassa istruzione sono escluse dal mercato del lavoro. Insomma, prima ancora di una discriminazione in busta paga bisogna affrontare il problema della disoccupazione.
Ma come favorire la Gender Equality sul lavoro e negli altri ambiti della vita sociale? Tramite politiche attive di inclusione, sostenute da stampelle legislative. Ma anche attraverso un cambiamento di rotta all’interno di realtà lavorative, piccole o grandi che siano, e interventi di Diversity Management.
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