Lo smart working aziendale è davvero una grande opportunità per le imprese? Dipende. Infatti, perché funzioni in azienda ci vuole chiarezza e organizzazione. E soprattutto il dipendente deve essere considerato parte integrante di questo processo, senza trascurare l’impatto personale, emotivo e professionale.
Smart working e telelavoro: due realtà da non confondere
Nei contesti aziendali, negli ultimi 2 anni, uno dei termini più utilizzati è “smart working”. Nonostante sia tanto usato, o forse proprio per questa ragione, a volte ci sono interpretazioni diverse di questa nuova modalità di lavoro.
Lo smart working non è una nuova tipologia di lavoro, ma bensì una particolare declinazione della prestazione lavorativa. Diversa dall’attività classica svolta all’interno dell’azienda, ma anche diversa dal telelavoro, che viene svolto tra le mura domestiche.
La modalità del telelavoro è incentrata sul dipendente che passa da una postazione di lavoro all’interno dell’azienda ad un’altra postazione fissa, ma in un luogo diverso, quasi sempre la propria abitazione. Con lo smart working, la prestazione lavorativa è invece erogata in posti e orari che non sono predefiniti. Il rapporto tra lavoratore e azienda è mutevole, basato su presupposti diversi che definiscono modalità di lavoro flessibili, lasciando autonomia allo “smartworker” e responsabilizzandolo nel raggiungimento di obiettivi concordati.
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L’Italia fanalino di coda in Europa
Secondo l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia, 1/3 delle grandi imprese ha avviato o sta sperimentando progetti di SW con oltre 350.000 lavoratori coinvolti. I progetti, in tal senso, sono passati dal 17% dell’anno scorso al 30% nel 2019, cui va aggiunto un 11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili”, senza aver introdotto progetti sistematici.
Questi dati, che farebbero pensare ad una forte crescita del “fenomeno” smart working in Italia quando si confrontano con gli altri paesi europei, fanno emergere tuttavia un ritardo importante. Lo studio di Eurofound e dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro Working anytime, anywhere: the effects on the world of work, che mette a confronto i Paesi dell’Unione Europea con altri in cui lo smart working è già molto diffuso, evidenzia come l’Italia sia in ultima posizione in Europa.
I pro e i contro dello smart working aziendale
Avviare un progetto di smart working porta numerosi vantaggi sia all’azienda che ai lavoratori:
Cosa accade in azienda:
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Aumento produttività
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Riduzione del tasso di assenteismo e turnover
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Riduzione dei costi gestione degli spazi fisici (locazioni, riscaldamento, postazioni…)
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Riduzione di alcuni costi relativi al personale (buoni pasto, straordinari)
I benefici per i lavoratori:
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Maggiore autonomia nella gestione delle attività lavorative (orari, luoghi)
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Maggiore soddisfazione e miglioramento della vita in termini di work-life balance
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Risparmio dei tempi e dei costi degli spostamenti
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Minore stress da lavoro
Ma vi sono anche dei rischi quando il progetto non è accompagnato con la cura dovuta. In questo caso possono crearsi vari disagi, tra i quali:
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Mancata adesione allo smart working da parte dei lavoratori
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Incapacità dei manager di gestire a distanza i propri collaboratori
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Demotivazione latente dello smartworker che percepisce il disinvestimento dell’azienda su di sé
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Difficoltà da parte dello smartworker di auto-gestirsi.
Un progetto di smart working aziendale che vuole ottenere risultati positivi per l’impresa che lo introduce richiede di agire contemporaneamente su più leve. Deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione.
L’azienda che curerà
anche l’aspetto umano
del progetto di smart working
otterrà molti più vantaggi.
Cosa fare perché lo smart working aziendale funzioni davvero?
Semplificando, si possono individuare 3 fattori predittivi del successo di un progetto di smart working aziendale.
Noema HR sintetizza questi fattori ad un modello denominato Tripla A:
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architettura degli spazi
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asset tecnologici
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aspetto umano.
Solo tenendo conto di tutti questi fattori è possibile portare a buon fine un processo di smart working aziendale. In particolare, il terzo aspetto è abitualmente sottovalutato dalle aziende che non danno il giusto valore all’impatto di questa nuova modalità di lavoro sulle persone coinvolte. I comportamenti, le competenze, le modalità di conseguire i risultati, nello smart working, vengono messe in discussione e la persona stessa, con la propria professionalità, si può sentire messa in discussione.
E’ quindi necessario, oltre che utile, accompagnare le persone in questa transizione con vari strumenti:
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un’efficace comunicazione del cambiamento;
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uno sviluppo delle competenze tipiche del distance working;
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l’introduzione di nuove prassi finalizzate ad agevolare il teamwork.
L’azienda che curerà anche l’aspetto umano del progetto di smart working aziendale otterrà molti più vantaggi di quelli che normalmente si è soliti ottenere.
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Come organizzare un percorso di smart working aziendale
Secondo i dati, tra 3 anni il 65% della forza lavoro europea (123 milioni di persone), sarà composta da mobile workers (lavoratori mobili) (Il Sole 24 Ore). In Italia lo smart working interesserà ben 10 milioni di persone.
Noema HR, società leader nello sviluppo delle risorse umane, è in grado di fornire l’assistenza multidisciplinare che la realizzazione di interventi di smart working richiede. Forniamo assistenza su tutto il processo di flessibilizzazione del lavoro con la finalità di migliorare il clima aziendale, il benessere dei dipendenti e l’aumento della produttività.
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