Lo scorso 17 marzo Timothy Gallwey è tornato in Italia (e per la prima volta nei panni di docente) per incontrare i professionisti e i manager d’azienda iscritti al Master in Business Coaching, erogato dalla Noema HR. Al termine del suo intervento gli abbiamo fatto un paio di domande. Ecco cosa ci ha detto.

Questa è una delle prime volte in cui tieni una sola lezione in un corso in Business Coaching. Qual è stata la tua impressione e cosa porti a casa da questa esperienza?

In quattro ore ho voluto provare a trasmettere quello che normalmente si fa in nove giornate, ma ho imparato che i semi crescono secondo la loro cadenza naturale e io so di aver lanciato molti semi oggi. Quello che succederà dopo, se verranno raccolti e nutriti dipenderà dalle persone. Proprio per questo non sono più tanto interessato a dire tutto quello che ho imparato e conosco; preferisco aprire una porta importante: quella in cui avvengono le cose delle singole persone con cui mi relaziono. Del resto, è molto più importante ciò che accade dentro la mia porta rispetto a cosa succede nel mondo esterno. Dunque, non vorrei valutare adesso l’effetto di questa chiacchierata, ma mi piacerebbe tornare tra tre o quattro mesi e vedere cosa è cresciuto.

Cosa caratterizza il Business Coaching?

Sono stato un educatore nel mondo del business e l’ho fatto perché in questo mondo le persone non sono disposte a trasmettere le proprie conoscenze se quello che apprendono non funziona.
Il problema permanente del mondo del business è che in genere si ha un solo obiettivo e tutto è focalizzato su di esso. Solo in seconda battuta si pensa alle persone che consentono all’azienda di raggiungere quell’obiettivo.
Secondo la mentalità aziendale sarebbe meglio circondarsi di  robot e non di esseri umani per raggiungere quegli obiettivi. Questo perché è difficile lavorare con gli esseri umani: quando si lavora con gli esseri umani ci sono più interferenze rispetto a quando si lavora da soli. Ma il genere umano deve capire che ciò che succede nel mondo non sarà mai risolto dai singoli individui; al contrario, sarà risolto solo quando le squadre, composte da singoli individui, si daranno da fare per raggiungere gli stessi obiettivi.
Certo, le interferenze prodotte da gruppi di individui, nazioni, aziende, territori, organizzazioni sono centinaia di volte più grandi rispetto a quelle che un individuo può generare da solo, ma solamente l’individuo è in grado di risolverle. Questa dichiarazione può essere vista sia da una prospettiva estremamente pessimistica, sia da una prospettiva estremamente ottimistica. Non sarei sorpreso se le persone imparassero a lavorare insieme prima al di fuori del contesto aziendale. Le aziende sono composte da individui, quello di cui hanno bisogno sono persone che lavorano senza anteporre gli interessi personali. Bisogna essere contenti se un collega riesce a trovare la soluzione migliore e non essere infelici perché non siamo stati noi a pensarci. Abbiamo costruito un sistema così competitivo che è difficile riuscire a collaborare insieme.

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